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Menfi

Luogo di frontiera tra il mondo fenicio e quello greco, è stato il laboratorio della viticoltura siciliana da cui è iniziata la rivoluzione del vino nell’isola. Oggi rappresenta uno degli areali più conosciuti e apprezzati per la qualità del racconto enologico e la storia che lo contraddistingue grazie all’impegno di alcune aziende che hanno fatto grande la Sicilia.

Un territorio in cui risalta il cielo con i suoi colori, la terra con i suoi prodotti, il mare con i suoi odori, che mantiene il “valore” delle tradizioni, della storia, delle risorse: il vino, il turismo, l’agricoltura fertile, la fascia costiera con una sabbia finissima, il mare pulito, il bosco, l’artigianato di pregio, i beni archeologici, ambientali e naturalistici.
Menfi, fondata nel 1638 da Diego Tagliavia Aragona, ai piedi del castello eretto da Federico II di Svevia, sul luogo del distrutto casale arabo di Burgiomilluso, oggi conta una popolazione di circa 13.000 abitanti su una estensione di 113 Kmq. Fulcro del paese è la Piazza Vittorio Emanuele III, una tra le più belle di Sicilia, cui si perviene attraverso il Corso Garibaldi, sulla quale si ergono la Chiesa Madre (sec. XVIII) distrutta dal sisma del 1968 e in seguito ricostruita, l’antico Palazzo Comunale, la Biblioteca Comunale. Sul fondo un frammento del castello svevo attaccato ad una torre poligonale, recentemente restaurata, alta 18 mt., oggi incorporata al Palazzo Pignatelli (sec. XVII), fondato da Diego Aragona Tagliavia Pignatelli, principe di Castelvetrano e fondatore di Menfi.

STORIA


Non lontana da una necropoli, appartenuta all’antica città sicana “Inyco”, in provincia di Agrigento, sorge la città di Menfi, ridente cittadina al centro di una vasta area declinante dolcemente verso il mare Mediterraneo. Queste scoperte testimoniano l’elevato grado di civiltà di Montagnoli e l’interessante ruolo svolto nell’ambito della politica economico commerciale e militare della vicina Selinunte della cui vasta kora il territorio di Menfi fece parte. Numerosi rinvenimenti (tegole, urne cinerarie e anfore vinarie) dell’epoca greco-selinuntina comprovano l’esistenza di molti insediamenti agricoli. Proprio in località Montagnoli, nei pressi della foce del fiume Belice, sono state rinvenute alcune sepolture ed un’acropoli sede di una comunità silvo - pastorale. Secondo la leggenda potrebbe trattarsi dell’antica città sicana “Inyco”, l’arcaica sede del regno di Kokalos.

Tra i materiali emersi da un impianto a forma di capanna dell’acropoli, strutturalmente risalente all’età del bronzo e trasformato nel 6° sec. a. C. in recinto (deposito), si evidenziano alcune zappe d’uso agricolo corrente, assieme a resti di collane, anelli, fibule, pendagli a forma di bottiglia ed altro. I prodotti agricoli, infatti, vengono esportati via terra (sulla via Selinuntia Odos, citata da Tucidide) e mare (dove sono state rinvenute numerose anfore).
Nel VI secolo d. C., si insedia una comunità paleo cristiana laddove sorgerà in seguito l’abitato di Menfi.
Nel 650 a. C. i greci, provenienti da Magara Iblea, fondano la colonia di Selinunte e conquistano il territorio interno.
Intorno all’840, coloni di razza berbera coltivano l’agro ad est del Belice suddividendolo in “iqlim” (distretti militari) muniti di casali. Sui resti di un casale, (nel luogo che corrisponde all’attuale piazza Vittorio Emanuele) si erge una fortezza araba a protezione degli iqlim sparsi sul territorio.
Il predominio saraceno sul contado dura fino al 1093 quando il re normanno Ruggero I include l’agro di Burgiomilluso (borgo ubertoso) nella diocesi di Girgenti.Del resto l’abbondante cocciame di contenitori, raccolto sull’acropoli (anfore e grandi pithoi), unitamente a numerosi macinelli litici per cereali, documentano, con la ciclicità delle colture agricole e quindi con la necessità della conservazione dei prodotti, certamente la loro commercializzazione e/o scambio con i numerosi insediamenti collinari, archeologicamente accertati e prospicienti il corso del fiume Belice che di per se costituì, sin da allora, la risorsa determinante l’abbondanza e la varietà della produzione, almeno fino alla fine del 4° sec. a, C.
Nel 1222 una rivolta delle contrade saracene viene soffocata nel sangue da Federico II che distrugge i casali e deporta gli abitanti. Nel 1230 accanto alla Chiesa di Santa Caterina del Belice viene costruito un lebbrosario che sarà gestito dai cavalieri di San Lazzaro. Lo stesso Federico II nel 1239 fa costruire una torre per favorire il ripopolamento dell’agro. Quarant’anni dopo Giacomo I d’Aragona istituisce il baronato di Burgiomilluso e lo concede in premio a Corrado Rodolfo Manuele che provvede ad ampliare il maniero federiciano. Tra il 1316 e il 1345 Burgiomilluso è sottoposta a vari attacchi da parte degli angioini. Un’ erede di Manuele sposando Francesco Ventimiglia porta in dote Burgiomilluso.
La baronia passa ancora in dote a Nino Tagliavia, Barone di Castelvetrano. Duecento anni dopo, nel 1549, la baronia di Burgiomilluso diviene contea di Borsetto; il feudatario è Carlo Aragona Tagliavia. Nel 1606 la contea passa a Giovanna Aragona Tagliavia Pignatelli, viceré di Sicilia. E’ l’inizio del dominio dei Pignatelli ai quali si deve in gran parte la realizzazione della cittadina con la caratteristica della pianta a scacchiera. Nel 1638 Diego Aragona Tagliavia Pignatelli ( che ha sposato Stefania Mendoza Cortes, marchesa di Oaxacasico e nipote del celebre Fernando Cortes) istituisce il contratto enfiteutico con i quali affitta la terra ai coloni. Ciò porta ad una crescita demografica e ad uno sviluppo notevole dell’attività agricola.
In città vengono costruiti il Palazzo Pignatelli e la Chiesa della Madonna delle Grazie. E’ il 1683 quando viene emanato l’atto di Carlo II, Re di Spagna e Re di Sicilia, che eleva a comune autonomo il Castello di Burgiomilluso che così prende il nome di Comune di Terre di Menphis. Terre di Menphis entra a far parte del Principato di Castelvetrano che, per quasi duecento anni resterà della famiglia Pignatelli e rami collaterali o imparentati. Finché nel 1812 viene abolito il feudalesimo in Sicilia e Terre di Menphis entra a far parte del regio demanio. L’anno successivo il Comune, con decreto di Ferdinando III re delle due Sicilie, prende il nome dell’attuale Menfi. Con l’abolizione del feudalesimo, la cittadina diventa territorio demaniale. La torre di Federico II viene adibita a carcere dipendente dalla Regia Giustizia; nel 1869 verrà concessa in enfiteusi perpetua al Municipio di Menfi che ne farà pubblico carcere mandamentale.Nel 1817 la Sicilia viene divisa in sette province che sostituiscono l’antica circoscrizione territoriale ripartita in tre valli e Menfi viene inclusa nella provincia di Agrigento.
Nel periodo risorgimentale il paese diventa teatro di sommosse popolari ordite dalla Carboneria, che sfocia nell’assedio del Municipio, nel luglio 1820. Nel 1833 Ferdinando II dispone una nuova circoscrizione catastale e al Catasto di Menfi vengono aggregati i territori di Bertolino Soprano, Bertolino Sottano e S. Caterina di Belice.
Nel 1840 il Comune diventa capoluogo di circondario. Ai principi del XIX secolo l’economia del menfitano è fiorente tanto che, per esportare più rapidamente i prodotti, vengono costruiti: l’imbarco doganale di Porto Palo e la ferrovia che collega a Castelvetrano. Attorno al 1842 il Municipio ottiene l’autorizzazione ad effettuare operazioni di imbarco e sbarco delle merci, sottraendosi così all’egemonia economica di Sciacca.
Nel 1848 numerosi menfitani partecipano ai moti rivoluzionari. In occasione dell’impresa dei Mille, pare che Garibaldi avesse scelto come punto d’approdo proprio Porto Palo di Menfi, dove poteva contare sull’appoggio di diversi menfitani in contatto con lui; ma, avendo saputo che navi borboniche partite dal porto di Marsala si avviavano a Sciacca, si diresse nel porto di Marsala. Nei primi del Novecento vengono realizzate diverse opere pubbliche quali l’ampliamento della banchina di Porto Palo e una nuova conduttura d’acqua potabile che collega il serbatoio di Menfi con la sorgiva Favarotta di Contessa Entellina. Nella seconda Metà del XIX secolo Menfi assume forma di una città ricca, popolosa e dotata di tutte le strutture giudiziarie e amministrative. Con la ripartizione delle terre agli agricoltori si ha un grande sviluppo, in particolare con la coltivazione della vite, carciofi ed olivo. Nascono le prime istituzioni cooperative tra cui la Napoleone Colajanni (la più antica), mentre la più importante è senza dubbio la Cantine Settesoli (fondata nel 1965), che è a tutt’oggi la più rilevante realtà economica di Menfi. Nel '68 la Città è colpita e danneggiata dal sisma del Belice. La ricostruzione ha portato ad una grande espansione della Città ed alla crescita delle attività economiche sia nel settore agricolo che industriale.
Il circondario di Menfi è un territorio assai poco conosciuto dal grande pubblico, che si caratterizza però per la peculiarità e integrità dei suoi ecosistemi e per le sue profonde radici storico-culturali.
Anche se il capoluogo è stato segnato dal sisma del 1968, il graduale spostamento delle potenzialità di progresso e crescita economica proveniente da quei settori che hanno accompagnato lo sviluppo dell’economia del nostro territorio ( agricoltura prima e poi industria ), apre nuove prospettive alle politiche di programmazione e di indirizzo dello sviluppo territoriale attraverso la crescente diffusione del fenomeno turistico. Menfi costituisce pur sempre, una meta interessante, dove il viaggiatore scoprirà “nascoste” nel territorio, tante piccole bellezze ambientali e storiche che si sono conservate intatte nella loro atmosfera intrisa di odori mediterranei.